Armi di distrazione di massa.

Da www.peopleinpraise.org del 09.05.2016

VANGELO DI GIOVANNI 16,29-33

In quel tempo, dissero i discepoli a Gesù: 29 «Ecco, ora parli apertamente e non più in modo velato. 30 Ora sappiamo che tu sai tutto e non hai bisogno che alcuno t’interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio». 31 Rispose loro Gesù: «Adesso credete? 32 Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me. 33 Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!»

DISPERSI

distrazione2Letteralmente è scritto: ecco viene l’ora ed è venuta che sarete dispersi [greco: skorpìzo]ciascuno alle proprie cose [greco: ta ìdia]. Gesù si riferisce senz’altro all’ora della sua passione e morte, ora drammatica in cui tutti i suoi discepoli si disperderanno ognuno per conto proprio, per paura dei capi del popolo, ma intende anche un’altra ora. Con queste parole Gesù annuncia l’ora, il momento terribile della storia, il più terribile della storia umana, nel quale giungeranno tribolazioni tali per cui tutti gli uomini, persino i suoi amici, saranno dispersi. Gesù annuncia che gli uomini saranno dispersi, e dispersi violentemente: il verbo greco usato è skorpìzo, che letteralmente significa “getto, scaglio con forza e violenza di qua e di là”, etimologicamente dalla radice skorp- di skorpìos, “scorpione”. Lo skorpìos è una macchina da guerra usata nell’antichità, ad altissima potenza di lancio, perché non sfrutta l’elasticità di un arco più o meno tendibile, ma la tensione, meglio la torsione di grossissime gomene generalmente costituite da crini di cavallo o da capelli di donna. Questa macchina da guerra è micidiale, per cui il verbo derivante significa appunto: “distruggere, annientare”. Cosa mai può possedere una potenza tale da disperdere l’uomo così violentemente fino ad annientarlo? Chi o cosa ha così tanta forza da spingere l’uomo a disperdersi, a gettarsi via lontano dalla vita verso la distruzione? La distrazione. Il testo evangelico parla chiaro: la distrazione è disperdersi, l’essere gettato cioè nel proprio, nel particolare, nel personale, nel privato, nel separato, che significa “fuori da Gesù”. La distrazione, che diventa immediatamente preoccupazione, preoccupazione che diventa subito attenzione, attenzione che incatena l’uomo, decentrato e disassato sui propri interessi, progetti, necessità. La distrazione è la macchina da guerra più efficace e micidiale che esista, così micidiale che distrugge e annienta l’uomo da dentro, senza che lui se ne accorga e soffra per questo. È lo skorpìos capace di gettare via l’uomo lontano da se stesso, di scagliarlo qua e là a pezzi, lontano dalla vita e da Dio, completamente disconnesso dalla realtà. La distrazione ha tolto autorità alla verità, energia alla vita, luce all’intelligenza. La distrazione ha tolto ai gesti del sacro ogni potenza, li ha privati di ogni forza spirituale, rendendoli incapaci di qualsiasi impatto sulla gente e sulla vita della gente. La distrazione ha trasformato la grazia e la potenza della preghiera in intrattenimento religioso, l’annuncio delle procedure evangeliche in retorica devozionale. La distrazione diventa indifferenza per tutto ciò che succede realmente, pigrizia atavica rispetto a ciò che deve essere affrontato per essere migliorato, incapacità intellettuale di porre soluzioni vantaggiose per la vita, incapacità spirituale di seminare con coraggio e determinazione il bene dove si vede regnare il male. C’è un solo antidoto alla distrazione, ed è la consapevolezza. La consapevolezza acuta, profonda, intensa, piena, totalizzante di come l’amore non sia amato, e tutta la vita stia andando in rovina. La consapevolezza che toglie il fiato, cheDISTRAZIONI2 non lascia dormire, che non permette altra attenzione, che, attraverso lacrime infinite e possenti, riconnette con la vita e con Dio. La consapevolezza che ti apre alla conoscenza della tua condizione e di quella di tutti i tuoi simili rispetto all’amore, la consapevolezza di come la mancanza d’amore, in ogni angolo della terra e del cuore, stia generando uomini inerti in tutto, capaci di ogni forma di male, tristezza, malattia, conflitto, distruzione. La consapevolezza di come, davanti alla rovina, alla distruzione dell’uomo e della vita, siano l’inedia e l’inerzia a riempire il cuore degli uomini invece che l’irrefrenabile passione, la dedizione, l’amore. La consapevolezza di come l’inganno di Satana sia entrato nelle vene e nel cervello delle genti tanto che, pur in mezzo alla schiavitù, alla disperazione, alla distruzione, alla miseria, non si accende una sola lacrima di consapevolezza, un palpito del cuore, né tra le vittime, né tra gli aguzzini. La distrazione porterà l’uomo alla rovina totale, se l’uomo non sarà rinato dalla consapevolezza di essersi abituato alla rovina e al male. Satana non desidera convincere a compiere il male ma opera per abituare al male, alla rovina, alla miseria, alla tristezza, alla paura come allo stato di vita naturale dell’uomo. Il progetto di Satana è quello di entrare nella consapevolezza dell’uomo, distraendo la sua forza spirituale, drenando la sua passione amorosa, la sua intelligenza, per arrivare prima a zittirla e poi a sterminarla. L’umanità non potrà conoscere il risveglio, se non diventerà consapevole del proprio sonno, non potrà aprirsi al rinnovamento, se non quando sarà consapevole del marcio che avrà coltivato dentro, non potrà conoscere felicità, se non quando crescerà nella consapevolezza di quanto in basso sarà caduta senza amore e senza Dio. Non ci sarà evoluzione, se non quando l’uomo, in ginocchio, implorando il perdono di Dio con tutto se stesso, senza alcuna distrazione, riempirà in silenzio la terra di lacrime, e così, solo così, Dio potrà condividere con i suoi figli quello che ha in cuore. Se la consapevolezza non diventa preghiera amante e totalizzante, rimane fastidiosa retorica, demagogia fuorviante. dolore22Il testo dice che ciascuno sarà disperso nelle proprie cose, perché non c’è più nulla che all’uomo stia veramente a cuore, semplicemente perché nel suo cuore non c’è spazio che per la distrazione e per i propri momentanei interessi. Nel cuore dell’uomo non c’è spazio che per la distrazione, distratto com’è a combattere i propri simili, per difendere le proprie infinitesimalidistrazione4 proprietà private, a lottare per proteggere i propri pregiudizi, per salvaguardare la propria miseria, a gridare per le ingiustizie subite e a imprecare per le emozioni svanite. Anche il popolo di Dio è diventato freddo, inerte, distratto, indifferente e ha lasciato Gesù solo, da solo a sentire il dolore per la rovina dell’umanità. La consapevolezza è sentire la rovina imminente, è vedere con chiarezza come il verme della distruzione serpeggi liberamente, e non per diventare tristi e depressi, ma per diventare centrati, oranti, appassionati, in asse con la vita e con Dio. La consapevolezza è piangere davanti a Dio per tutte le folli distrazioni quotidiane, piangere con lacrime di cui non conosci la provenienza, ma che ti porteranno a servire la vita e l’amore. Solo quello che nasce dalla consapevolezza immersa nelle lacrime viene dallo Spirito Paraclito. Solo la consapevolezza madida di lacrime ti porta in ginocchio per cercare finalmente Dio, senza devozionismi, religioni, maestri spirituali. Tu e lui e basta. Allora Dio potrà condividere il suo cuore con te. Gesù era così totalmente e pienamente consapevole della situazione dello stato di rovina dell’umanità che non ha esitato un istante a lasciare che lo inchiodassero in croce, se questo poteva aiutare l’umanità a crescere nella consapevolezza del suo stato alterato e mortale nei confronti dell’amore e della vita. Non ci sarà evoluzione e risveglio da nessuna parte nella terra, se l’uomo non si lascerà inchiodare dalla consapevolezza dello stato di rovina in cui è caduto senza accorgersene, sconnettendosi da Dio, da se stesso, e dalla vita. Gesù dice: ecco viene l’ora ed è venuta che sarete dispersi ciascuno alle proprie cose e lo dice proprio ai suoi discepoli, perché sa che un giorno, il giorno terribile, inizierà proprio con la dispersione dei pastori del popolo, così come annuncia Geremia il profeta: In quel giorno i colpiti dal Signore si troveranno da un’estremità all’altra della terra; non saranno rimpianti né raccolti né sepolti, ma saranno come letame sul suolo. Urlate, pastori, gridate,
 rotolatevi nella polvere, capi del gregge!
 Perché sono giunti i giorni per il vostro macello;
 stramazzerete come vaso prezioso.
 Non ci sarà rifugio per i pastori
 né scampo per i capi del gregge. Sentite le grida dei pastori, 
gli urli delle guide del gregge,
 perché il Signore distrugge il loro pascolo;
 sono devastati i prati tranquilli
a causa dell’ardente ira del Signore (25,33-37).

Da www.peopleinpraise.org del 13.05.2016

VANGELO DI GIOVANNI 21,15-19

In quel tempo, quando si fu manifestato ai discepoli ed essi 15 ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?» Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16 Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17 Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?» Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18 In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19 Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

TRE VOLTE

Perché Gesù fa la stessa domanda a Pietro per tre volte? Forse Gesù ha l’impressione che Pietro non capisca la domanda? Forse Pietro non risponde correttamente a Gesù? Perché Gesù deve insistere così tanto con Pietro? Perché? Gesù non vuole che il suo primo pastore, il primo pastore della sua chiesa sia distratto o possa ammalarsi, con il tempo, del virus della distrazione. La distrazione è una malattia tremenda, perché toglie all’uomo la possibilità di vivere e di amare. Gesù chiede e richiede a Pietro per ben tre volte la stessa domanda, perché desidera che Pietro faccia la sua scelta senza distrazione alcuna. Alla domanda di Gesù mi ami più di costoro, la prima risposta di Pietro è tanto meravigliosa, quanto quasi doverosa, perché nasce traboccante dal cuore pieno di gratitudine per tutto quello che Gesù ha donato a lui e ai suoi amici. Ma Pietro non può abbracciare il compito che Gesù gli affida per gratitudine nei confronti di Gesù, nemmeno per la più elevata, piena e nobile delle gratitudini. La seconda risposta di Pietro alla domanda di Gesù mi ami è una risposta dettata dal desiderio di ricambiare con amore l’infinito amore di Gesù e tutto il bene compiuto da Gesù per i suoi figli. Ma Pietro non può abbracciare il compito che Gesù gli affida per rispondere all’amore di Gesù, nemmeno per il più intenso, regale, potente dei desideri di corrispondere all’amore di Gesù. La terza risposta di Pietro alla domanda di Gesù mi ami non nasce più dalla gratitudine, dal desiderio di corrispondere alle attese di Gesù, ma è una risposta che nasce dal dolore, il dolore che nasce dalla consapevolezza, dalla consapevolezza che annulla ogni possibile distrazione. DOLORE23Alla terza domanda di Gesù, Pietro inizia a sentire la vastità del proprio compito, inizia a sentire nel suo cuore un frammento del peso della rovina del mondo e delle rovine in cui è sepolta l’umanità. Inizia a scorgere un lembo dell’abisso in cui sono caduti i figli di Dio, trascinati dal turbine del Maligno. Alla terza domanda di Gesù, Pietro entra nella consapevolezza del proprio compito, entra nella consapevolezza della portata del compito che dovrà abbracciare, e non per gratitudine nei riguardi di Gesù, non per corrispondere alle attese di Gesù, ma per amore di Gesù, nell’amore di Gesù, con l’amore di Gesù. Pietro non dovrà mai distogliere l’attenzione dal proprio compito, mai, nemmeno per un secondo, perché in quel seguimi di Gesù non c’è solo il compito di Pietro e di tutti i discepoli di Gesù, ma anche tutta la salvezza e la risurrezione dell’umanità.

Da www.peopleinpraise.org del 17.05.2016

VANGELO DI MARCO 9,30-37

In quel tempo, Gesù, e i suoi discepoli 30 attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31 Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32 Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. 33 Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?» 34 Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37 «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

DISTRATTI

Letteralmente al versetto 32 è scritto: Ma essi non comprendevano la parola, e avevano paura di interrogarlo […] Gli uni con gli altri avevano discusso nella via chi fosse il maggiore. Il testo dice che i discepoli da una parte non comprendevano la Parola di Gesù e dall’altra avevano paura solo al pensiero di interrogarlo, per capirne qualcosa. La mente dei discepoli è da una parte immersa nell’ignoranza e dall’altra nella paura. Perché i discepoli sono incatenati tra l’incapacità di comprendere, l’ignoranza e la paura? Il testo evangelico lo spiega subito dopo, quando dice: Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. I discepoli vivono nell’ignoranza e nella paura perché sono distratti, distratti dalla distrazione somma, dalla distrazione suprema, l’ambizione. Ignoranza e paura sono le due catene che i poteri forti del mondo usano per tenere incatenati, sottomessi e schiavi i popoli. Ma in che modo si può tenere l’umanità incatenata all’ignoranza e alla paura, senza che l’uomo cerchi di liberarsi da queste catene? Semplice. Basta mantenere l’uomo perennemente distratto con la regina delle distrazioni, l’ambizione. L’ambizione è capace di tenere distratto un uomo per tutta la vita, in tutti gli istanti della vita, perché l’ambizione è purissima coltivazione dell’ego. Fino a che l’uomo coltiverà il suo ego, sarà sempre preda dell’ignoranza e della paura e, di conseguenza, immediatamente distrazione3soggiogabile, controllabile, manipolabile. La coltivazione dell’ego attraverso l’ambizione funziona perfettamente nella mente dei ricchi e dei potenti come in quella dei poveri e dei deboli, e tiene stabilmente occupato e distratto l’uomo, impedendogli qualsiasi forma di consapevolezza, comprensione e l’utilizzo dell’intelligenza. I discepoli di Gesù non comprendono le parole di Gesù perché sono distratti, terribilmente distratti dalla coltivazione del loro ego, sono distratti dal fare tra loro le misurazioni del prestigio e del potere, a fare la bilancia tra chi pesa di più e chi meno, tra chi è più importante e chi è meno importante. I discepoli di Gesù non possono assolutamente comprendere la Parola di Gesù, non possono comprendere quello che Gesù vuole rivelare loro, perché sono completamente distratti dai discorsi della loro mente, sono tutti concentrati a discutere, calcolare e a dividersi tra loro. Il verbo usato dal testo greco per descrivere questa discussione dei discepoli è dialoghìzomai, cioè “penso, ragiono, converso, discuto”, più letteralmente “calcolo, faccio i conti” da cui “rifletto, discuto”. La preposizione dià, che compone il verbo, indica sempre divisione: si tratta di un dialogo di divisione, di opposizione, di separazione. L’ambizione distrae l’uomo dal suo centro divino, dal suo asse intellettuale e spirituale, lo immerge nell’ignoranza e nella paura, ma soprattutto lo spinge alla separazione, lo spinge a vivere nello stato continuativo della separazione. L’ambizione è la prigione in cui il potere umano, al servizio e alle dipendenze di Satana, tiene in scacco l’intera umanità, perché l’ambizione mantiene l’uomo nell’ignoranza, nella paura e nella separazione. La proposta di Gesù, perché l’uomo possa svincolarsi dall’ambizione e dalla coltivazione dell’ego, è: se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti. La proposta di Gesù è semplice, due semplici procedure. Primo, essere ultimo. Nella terminologia evangelica, essere ultimo è vivere in modo tale da non fare nulla, assolutamente nulla nella vita, per la gloria degli uomini, per la gloria del proprio nome, per essere i primi in qualcosa, per avanzare di grado, per solleticare l’approvazione altrui, per corrispondere alle aspettative altrui, per espandere la propria reputazione, il proprio prestigio e dominio. Secondo, essere servi. Nella terminologia evangelica, essere servi non significa essere schiavi, sottomessi, ma essere al servizio dell’umanità, essere servitori utili ed efficaci dell’uomo, avere le competenze indispensabili per realizzare il vero benessere dell’umanità e metterle in pratica gratuitamente e umilmente per il bene di tutti.

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